Nucci, Chiara, ed. Pseudo Cipriano, Il Gioco dei dadi: Introduzione, testo, traduzione e commento. Biblioteca Patristica, 43. Bologna: Edizioni Dehoniane, 2006. Pp. 148. ISBN 88-10-42053-5. €15.00.

1. Il volume 43 della Biblioteca Patristica, fondata da Mario Naldini e diretta da Manlio Simonetti e Carlo Nardi, pubblica ora l'edizione critica traduzione e commento del De aleatoribus dello Pseudo Cipriano, un'opera cui in Italia ha dedicato molti studi Marcello Marin. Autrice ne è Chiara Nucci. Si tratta di una nuova edizione dopo quelle di G.Hartel del 1871 e di A. von Harnack del 1888. Nella lunga introduzione Chiara Nucci sostiene che la datazione dell'opera è da collocare "alla seconda metà del III secolo, senza escludere una dilatazione a fine III - inizio IV secolo, e comunque in un'epoca senz'altro posteriore a Cipriano, di cui l'opera riflette soprattutto la concezione pastorale e la preoccupazione etica e morale" (p. 21). L'autrice sostiene quindi una datazione molto posteriore a quella suggerita a suo tempo da Harnack.

2. Non mi soffermo qui sull'aspetto fondamentale dell'opera della Nucci che è la nuova edizione critica, per la quale non ho una competenza specifica. In ogni caso si tratta della migliore edizione oggi esistente, in attesa di quella di Marcello Marin, di cui l'autrice ha consultato un'edizione "privata" risalente al 1984. Il commento è molto attento alle questioni di critica testuale, e di analisi filologico-letteraria, anche se dedica buono spazio alle questioni di storia della tradizione e di apporti storici con altri autori cristiani antichi. Voglio invece sottolineare solo un aspetto forse meno importante per l'autrice che è però quello che ha attirato la mia attenzione a causa dei miei interessi di ricerca. La Nucci, seguendo soprattutto i lavori di Harnack e di Marin che sono quelli che più hanno dedicato spazio a questo tema, ha dato un certo rilievo all'uso delle Sacre Scritture. Mi sembra rilevante che, come diceva Harnack, l'autore non usi mai i concetti Antico e Nuovo Testamento, ma di Scrittura divina, o a volte di Evangelium. Nell'elenco delle citazioni che la Nucci riporta a p. 47 risultano solo quattro citazioni dai vangeli: tre da Matteo e una da Giovanni. In questo caso la formula di citazione è per tre volte In Evangelio dominus dicit (o dicens o dixit). Una volta semplicemente cum dicat. Mi domando se non sia particolarmente significativo che l'opera citi due volte dei detti di Gesù non canonici con le seguenti formule: monet dominus et dicit (3,8) e semplicemente iussit: Sollicitos esse iussit atque eruditos quoniam hostis ille antiquus circuit pulsans Dei servos non uno genere temptans. (5,3-5) Sul fatto che--in questo secondo caso--si tratti realmente di un detto attribuibile alla trasmissione delle parole di Gesù si può discutere (cfr. M. Pesce, Le parole dimenticate di Gesù, Fondazione Lorenzo Valla (Milano: Mondadori, 2004), 719-720). L'autrice mi sembra ignori la questione in questo secondo caso, mentre nel primo considera la citazione non un detto di Gesù, ma "una reminiscenza paolina" (introduzione p. 49, ma nel commento a p. 120 non esclude per la seconda parte del detto di una "reminiscenza di un testo apocrifo"). Mi domando se accanto alla tripartizione profezia, vangelo scritti degli apostoli (che è un po' diversa dalla bipartizione Antico e Nuovo Testamento) non appaia in sordina anche una quarta dimensione, quella di una tradizione forse orale, forse di scritti di diversa natura o valore. La Nucci, sulla scorta di Harnack, segnala che l'autore cita come Scrittura anche opere non comprese nel canone neotestamentario, ma poi nell'elenco delle citazioni e nell'indice scritturistico questi testi vengono omessi come pure le due citazioni di loghia non canonici di Gesù. Mi domando se non sarebbe meglio mettere tra parentesi anche negli indici (e nella discussione storica e letteraria) i concetti moderni di Nuovo e Antico Testamento per adeguarsi di più alla mentalità di un autore di un testo del III secolo. In ogni caso sono grato all'autrice perché tutta la questione di eventuali citazioni non canoniche di parole di Gesù può adesso essere affrontata più approfonditamente che in passato sulla base di questa nuova edizione e commento e io stesso spero di riprendere e riscrivere le poche righe che ho potuto dedicare all'argomento in una precedente raccolta.

3. Il lavoro di edizione, traduzione, introduzione e commento è accuratissimo, nitido e cauto nei giudizi (spesso non esprime pareri propri e rimanda agli studiosi che considera più sicuri). Ottimi gli indici. Segnalo in particolare quello delle parole latine. Grazie all'autrice che ci ha dato uno strumento scientifico di alto livello

Mauro Pesce
Bologna University

© TC: A Journal of Biblical Textual Criticism, 2006.